Gli anni a Favara: le origini di un eroe contemporaneo
Calogero Marrone nacque il 12 maggio del 1889 a Favara, storico borgo situato sulle colline a pochi chilometri da Agrigento, da una famiglia della media borghesia locale. Ultimati gli studi, dopo aver trascorso un breve periodo in seminario, fu chiamato alle armi, ottenendo una Croce al Merito di Guerra, il grado di sergente e un encomio per il servizio prestato come archivista durante la Prima Guerra Mondiale.
Tornato a Favara, nel 1919 sposò la cugina Giuseppina Marrone, con la quale ebbe 4 figli, fu riassunto al Comune di Favara, dove aveva lavorato per un breve periodo prima della guerra, e divenne segretario della locale sezione dell’Associazione Combattenti. Antifascista della prima ora, rifiutò di iscriversi al partito fascista, nonostante le continue minacce ricevute. Decisione che gli costò l’arresto e la reclusione per alcuni mesi. Il triste evento e il clima di oppressione imposto dalla dittatura anche in Sicilia lo portarono così a maturare la decisione di lasciare la città natale.
A fornirgli l’occasione fu un concorso bandito dal Comune di Varese, che gli permise di diventare prima funzionario e poi dirigente dell’Ufficio Anagrafe. Nel 1931, quindi, Marrone si trasferì in Lombardia con tutta la famiglia. Iniziò così il suo viaggio di eroismo e resistenza.
La Resistenza di un uomo giusto
Quando le leggi razziali vennero promulgate e la persecuzione degli ebrei si intensificò, Marrone, convinto antifascista e partigiano “in borghese”, prese la decisione di resistere in segreto al regime. Sfruttò così il suo ruolo di capo dell’Ufficio Anagrafe, ottenuto nel 1934, per falsificare documenti d’identità e permettere a numerosi ebrei e antifascisti di sfuggire alla deportazione e alla morte, rifugiandosi in Svizzera.
Con grande discrezione e coraggio, guidato da un profondo senso di giustizia e umanità, Marrone salvò centinaia di vite, correndo un rischio enorme per la sua famiglia e la sua stessa vita.
Nel 1943, dopo l’occupazione nazista dell’Italia e la creazione della Repubblica Sociale Italiana, le sue attività di resistenza furono scoperte. Il 4 gennaio 1944, bussò alla porta dell’appartamento di Marrone don Luigi Locatelli, canonico della Basilica di San Vittore, in stretto contatto con il Comitato di Liberazione Nazionale, per informarlo che i tedeschi erano vicini e che presto lo avrebbero arrestato. Di fronte ad un evidente tradimento, opera di un impiegato del suo stesso ufficio, Calogero non scelse di fuggire, per tutelare la famiglia da eventuali ritorsioni. Tre giorni dopo venne arrestato dagli ufficiali della Guardia di Frontiera tedesca, a cui non rivelò mai nessuna informazione della rete di resistenza di cui faceva parte, nonostante le atroci torture subite. Dopo un primo periodo di detenzione a Varese, venne trasferito da un carcere all’altro e, dopo una sosta nel lager di Bolzano-Gries, condotto nel campo di sterminio di Dachau, dove il 15 febbraio 1945, morì di tifo, a poche settimane dalla liberazione del campo.